Avvocato Domenico Esposito
 


RISPONDE DI BANCAROTTA FRAUDOLENTA L’IMPRENDITORE CHE INDUCE ALL’ACQUISTO DI QUOTE SOCIETARIE A VALORE INFERIORE DI QUELLO DI MERCATO

 

 

L’imprenditore che induce i suoi soci all’acquisto di quote di altra società aventi scarso valore, pagate con denaro sociale, e che, quindi, produce un depauperamento della società stessa senza che, all’esborso di denaro, corrisponda un incremento patrimoniale in capo alla società, qualora la stessa si trovi in stato di decozione, cioè non sia più in grado di far fronte regolarmente ai suoi debiti, risponde del reato di bancarotta fraudolenta.

Generalizzando il principio, si può dire che la bancarotta fraudolenta è integrata anche ogni qual volta l’imprenditore sottragga risorse della società mediante rilevanti acquisti personali (nota del commentatore).  

La sentenza è evidenziata in grassetto nelle parti ritenute di maggiore interesse.

 

Corte di Cassazione - sezione v penale - Sentenza 26.5 - 15 .7.2010, n. 27610

In fatto

R. V. è imputato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (aggravata dal danno di rilevante entità) in relazione al fallimento di (…) srl.: per detto addebito è stato condannato dal tribunale di Rovereto il 31.12.2007, decisione che la Corte d’Appello di Trento ha confermato il 16.1.2009. La condotta censurata consiste, in sintesi, nell’aver indotto (…) srl. ad acquistare le quote … srl., capogruppo del novero societario a base famigliare), con pagamento del prezzo in contanti a favore dei soci titolari della partecipazione (tra cui anche il ... ed i suoi famigliari), il cui valore era nettamente inferiore al prezzo corrisposto dalla società, già gravata da una situazione di decozione.

Il ricorso della difesa del (…) lamenta (in un indistinto motivo):

- carenza e contraddittorietà della motivazione poiché riscontra il delitto anche in mancanza di effettivo danno per il patrimonio della fallita, dal momento che la provvista finanziaria, utilizzata dalla (…) per pagare le quote ai soci le quote di ERREVI, provenne dall’esterno; forse, a ben vedere, le risultanze attestano la natura simulata dell’intera manovra, con esito di danno nullo;

- la carenza di motivazione circa l’effettivo contributo reso dal ricorrente al disegno fraudolento, non essendovi prova che le operazioni bancarie siano state effettuate dallo stesso.

In diritto

Il ricorso è infondato.

La decisione della Corte tridentina rileva l’ingiustificato depauperamento del patrimonio della fallita per la semplice ragione che la partecipazione in (…), acquistata a considerevole prezzo presso i soci, che la detenevano, nulla o ben poco valeva. All’esborso del denaro non corrispose, dunque, equipollente integrazione della sfera patrimoniale della società fallita.

L’apporto di denaro da (…) a (…) - indicato dal ricorrente quale apporto di ricchezza proveniente dall’esterno alla società fallita - non porta a concludere che l’operazione si risolse senza danno per quest’ultimo organismo, bensì che vi fu un regolamento compensativo tra i due enti, a seguito del quale è del tutto ragionevole presumere anche l’estinzione di un credito maturato verso la debitrice (…), con perdita, quindi, di attività patrimoniale. Ove così non fosse, l’ipotesi è unicamente quella che (…) spese il denaro che le era pervenuto (come la sentenza della Corte d’appello segnala) e che si era confuso con il suo patrimonio, creando una passività verso la finanziatrice (…). In ogni caso l’esborso del denaro per soddisfare gli acquirenti delle quote societarie cagionò diminuzione del patrimonio societario della fallita, senza utilità per la stessa.

Né l’ipotesi che l’operazione si sia tradotta in una mera apparenza negoziale, come lascia intendere il ricorrente (senza, peraltro, giungere a compiuta dimostrazione dell’assunto) contrasta con la realità dei mezzi di pagamento da una società alle mani dei soci, il che attesta trasferimento effettivo di ricchezza (cfr. i rilievi di Sent., pag. 5).

Certamente, non è consentito alludere - quale provvista su cui i soci possono legittimamente rivalersi - al pregresso versamento in c/capitale, effettuato dai soci di (…) srl.

Infatti, in tema di versamento dei soci in c/capitale, l’apporto in discorso rappresenta accredito di denaro indisponibile ai soci, in quanto conferimento di capitale di rischio, che non genera pretesa esigibile dai soci nei confronti della società, potendo invece esser loro restituiti soltanto per effetto dello scioglimento della società. La compensazione dell’asserito debito societario verso i soci, che si giovi di detta provvista è, dunque, operazione che concreta distrazione fraudolenta.

Inoltre, perché alla data in discorso il capitale era comunque eliso da perdite.

Anche la seconda doglianza non ha pregio: a pag. 7 e ss. la Corte tridentina si sofferma ad evidenziare il ruolo attivo ed il contributo effettivo reso dal (…) alla realizzazione del trapasso di denaro. Azione conclusa nella consapevolezza discendente alla sua qualifica di amministratore pro tempore e, dunque, ragionevolmente a giorno della situazione finanziaria della società nella sua qualità di titolare del potere gestorio.

La motivazione della pronuncia impugnata non risulta né carente né illogica.

Pertanto, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.